domenica 9 agosto 2009

Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (RAEE).


Secondo uno studio effettuato dal Dipartimento ambientale per lo sviluppo sostenibile dell’Unione Europea ogni cittadino, in Europa, produce annualmente una media di 14 kg di rifiuti elettrici ed elettronici – di seguito indicati col termine RAEE - per un ammontare annuale di circa 5 milioni di tonnellate.
A riportare tali numeri è stato il Dr. Timo MÄKELÄ, Direttore Generale dello stesso dipartimento, secondo il quale, inoltre, il flusso dei RAEE stimato oggi cresce 3 volte più velocemente rispetto a quello dei rifiuti solidi urbani.
Tali quantità, di per sé esplicative delle dimensioni del problema ambientale legato ad un adeguato trattamento di tale categoria di rifiuti, pongono ulteriori quesiti, in quanto - continua il Dr. MÄKELÄ - un buon 90% di tali RAEE verrebbero inceneriti, interrati o recuperati senza alcun pre-trattamento.
Già nel 2003 l’Unione Europea emanava chiare direttive (2002/95/EC, 2002/96/EC) volte tanto a bandire l’uso di sostanze pericolose utilizzate nel cicli di produzione dei RAEE quanto a prevenire la produzione di tali rifiuti; secondo tali direttive, infatti, il reimpiego, insieme al riciclaggio ed altre forme di recupero dei RAEE, può ridurre notevolmente la quantità dei materiali da avviare allo smaltimento.
Emanare una chiara regolamentazione, viabile dal punto di vista ambientale, e che tenesse conto degli interventi e delle responsabilità di tutti i soggetti coinvolti (produttori, venditori, operatori di trattamento, etc.) durante l’intero ciclo di vita delle apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE), fino al loro divenire rifiuti, non è stato, tuttavia, l’unico compito che l’UE ha dovuto affrontare.
Regole precise, infatti, sono state necessarie per frenare il flusso dei RAEE dalla UE verso i paesi in via di sviluppo, problema questo di dimensioni non trascurabili, secondo quanto riportato dagli organi preposti al controllo degli scali portuali europei.
In Italia, tali direttive UE sono state recepite emanando il Decreto Legislativo n. 151 del 25.07.2005. Tale decreto avrebbe dovuto dettare le condizioni affinché si potessero applicare le normative sui RAEE a partire dal 13 agosto 2006 data che, comunque, vedeva il nostro Paese in ritardo di un anno rispetto alla data ufficiale fissata inizialmente per tutti i paesi membri della UE al 13 agosto 2005.
Nella sua forma originaria il D.Lgs.151/2005 necessitava di tutta una serie di emendamenti attuativi, tuttora inattesi – alla data di stesura di tale articolo -.
Il Parlamento italiano, con nota ufficiale dello scorso mese di Luglio, avvisa che si impegnerà ad emanare tali provvedimenti entro, e non oltre, il prossimo 31.12.2006.
Ma cosa cambierà con la messa in atto di tali direttive sui RAEE?
Il principio sul quale si basano tali direttive invoca la semplice regola del “chi inquina paga”. I produttori, pertanto, sono ritenuti responsabili del trattamento dei RAEE, vengono loro assegnati precisi obblighi di informazione verso i consumatori ed oneri finanziari relativi alle modalità di finanziamento per il trattamento finale degli stessi.
Dal 1º luglio 2006, inoltre, viene loro vietato di immettere nel mercato AEE che contengano materiali inquinanti quali piombo, mercurio, cadmio, cromo esavalente, bifenili polibromurati (pbb) o etere di difenile polibromurati (pbbe) .
I distributori, a loro volta, devono assicurare a titolo gratuito il ritiro - in ragione di uno contro uno - delle apparecchiature usate provenienti dai nuclei domestici; é bene notare che qui il D.Lgs. 151 si riferisce alle apparecchiature usate, anziché ai RAEE, essendo compito dei distributori, secondo tale direttiva, verificare che tali apparecchiature possano essere indirizzate al re-impiego oppure no, in quest’ultimo caso assumerebbero lo status di rifiuto per essere conferiti alle piazzole di raccolta separata.
Agli enti locali va il compito di assicurare la funzionalità e l’adeguatezza delle piazzole per la raccolta differenziata dei RAEE, mentre il consumatore dovrà assicurarsi che l’apparecchiatura dismessa, contenente il simbolo del recycle bin, venga conferita presso il distributore, o presso uno dei punti di raccolta RAEE pubblico o privato che sia.
I RAEE, nel D.Lgs. n. 151, vengono classificati richiamando la nozione generale di rifiuto contenuta nel D.Lgs. 22/97 (il cosiddetto Decreto Ronchi), e disciplina le responsabilità di gestione degli stessi in modo diverso in base alla loro provenienza (RAEE domestici o professionali), ed in base al momento della loro immissione sul mercato (RAEE storici o non storici).
E’ imposto poi, entro il 31.12.2008, un obiettivo di raccolta separata dei RAEE provenienti dai nuclei domestici fissato ad almeno 4 kg in media per abitante all’anno.
Con riferimento a tale obiettivo, i diversi paesi membri della UE fanno registrare dei dati piuttosto variegati, riflesso di una diversa eco-sensibilità dei consumatori e di più o meno incisive politiche ambientali.
Esperienze significative si registrano in Olanda, Belgio, Svezia e Danimarca, dove efficienti sistemi di raccolta e riciclaggio dei RAEE sono operativi già da qualche anno.
A titolo di esempio è interessante notare che già nel 2004 Svizzera e Danimarca riportavano tassi di raccolta rispettivamente di 10.2 e di 12.2 kg/anno*abitante!
Un altro dato significativo proviene pure dall’ICER (Industry Council for Electronic Equipment Recycling) il quale, secondo una ricerca effettuata in Inghilterra sui RAEE provenienti dai nuclei domestici, stima che il 90% di RAEE in peso provenga soltanto dalle prime 3 categorie di RAEE elencate nella direttiva europea, ossia:
- Grandi elettrodomestici
- Piccoli elettrodomestici
- Apparecchiature informatiche e per le telecomunicazioni

Tali dati evidenziano la necessità e l’urgenza di un intervento legislativo chiaro, in grado di controllare periodicamente e metodicamente l’operato di tutte le entità responsabili chiamate in cause dal D.Lgs. 151.
I quesiti che gli ancora attesi decreti attuativi dovranno colmare sono parecchi, ed una volta risolti resterà da dimostrare in che modo i produttori, dal mero punto di vista eco-ambientale, saranno in grado di assolvere ai loro impegni con risultati migliori rispetto a quelli ottenuti finora dagli enti locali.
E’ indispensabile, altresì, che si stabiliscano dei chiari criteri di qualifica degli operatori di trattamento dei RAEE, ai quali viene richiesto, innanzitutto, un servizio che risponda a validi requisiti di eco-efficienza, purtroppo ampiamente ignorati, finora, a causa della quasi totale assenza di controlli e sanzioni per taluni operatori privi di alcuna etica ambientale nonché professionale.
E a quegli operatori che hanno effettuano e che effettuano un servizio considerato di eco-qualità?
Verrà loro riconosciuto – per es. tramite i certificati bianchi – il merito di contribuire alla mancata riduzione di CO2 per avere evitato l’utilizzo di materie prime nei cicli produttivi di AEE adesso alimentati dalle materie prime seconde ottenute col riciclaggio dei loro RAEE?
Una cosa è certa, dal momento in cui parte la direttiva i consumatori pagheranno il conto del trattamento RAEE con l’acquisto di ogni nuova apparecchiatura elettrica ed elettronica; lo faranno con la cosiddetta tassa “visibile-fee”, aggiunta sul prezzo di vendita del prodotto, e che servirà, per l’appunto, a finanziare l’ultimo anello del ciclo di vita dell’apparecchiatura dismessa.
In teoria, un efficiente sistema di raccolta e trattamento dei RAEE dovrebbe tendere ad una revisione al ribasso della “visibile-fee” per i consumatori, ma anche questa teoria attende di essere dimostrata.

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